Belli e dannati è un libro di narrativa, quindi di fantasia. Le vicende dalle quali sono partito per sviluppare i quattordici racconti sono vere. Alcune sono note, altre meno. Un paio di racconti sono un’evoluzione fantasiosa di fatti realmente accaduti, altri sono verosimili e potrebbero essere accaduti realmente. Il libro è pubblicato da Giunti-Giorgio Nada Editore. È in libreria a partire dal 24 febbraio 2021.
Quattordici storie per raccontare i valori che il mondo delle corse ha espresso negli anni Settanta. Una Formula 1 dove la vita era appesa a un filo, dove i piloti uscivano di casa il giovedì e non sapevano se avrebbero fatto ritorno la domenica sera e dove i figli chiedevano alle madri quando i loro padri sarebbero morti poiché, dicevano, tutti i papà che corrono in auto prima o poi muoiono.
I racconti di Belli e dannati parlano poco di corse. Parlano invece molto dei piloti. Ci sono Lauda e Hunt, Regazzoni e Graham Hill, Scheckter e Villeneuve – nomi che tutti gli appassionati conoscono. Ma ci sono anche Roger Williamson, David Purley e Tony Brise – piloti dal grande potenziale cui il destino sottrasse un futuro da campioni proprio sul più bello e che oggi sono quasi dimenticati. Ci sono poi i meccanici come Giulio Borsari. E soprattutto le donne dei piloti – da Nina Rindt a Helen Stewart, da Barbro Peterson a Mimicha Reutemann, e nei racconti nei quali compaiono, le protagoniste sono loro.
Perché quello che ho scelto di descrivere nei quattordici racconti di Belli e dannati sono i sentimenti, i sogni, e le paure di uomini e donne fatalmente attratti da un mondo che sapevano crudele. Un mondo dove c’era però spazio per la lealtà e l’amicizia, il coraggio e naturalmente per l’amore.
Ha scritto nella recensione di Belli e dannati l’inserto La Lettura del CORRIERE DELLA SERA: “I racconti di Luca Dal Monte restituiscono un mondo che non esiste più: glamour, gare dove incombeva il pericolo, figure gigantesche anche nel loro cinismo.”
I racconti sono presentati in ordine cronologico. Il primo è ambientato nei primi giorni di settembre del 1970. L’ultimo in un pomeriggio di luglio del 1979. Non li ho scritti in questo ordine, ma questo poco importa. Ogni racconto è introdotto da un’illustrazione creata appositamente per questo volume da Francesco Mercoldi e Leonardi Spugni del celebre BI STUDIO di Marco Bianchini, autentico punto di riferimento del fumetto italiano.
Seduta sulla sedia sul muretto, Nina si isolò dal mondo. Da quel trespolo cronometrava i tempi sul giro di Jochen. Era l’unico ruolo che un mondo maschilista come quello delle corse in automobile aveva ritagliato per le compagne dei piloti e alcune erano bravissime. A ogni nuova arrivata le altre insegnavano i trucchi del mestiere e Nina aveva imparato alla svelta. Era una cosa utile, ma era anche una distrazione ed era meglio che restare da sole con i propri pensieri, che erano sempre pensieri di morte. In realtà cronometrare i tempi non era altro che un modo per cercare di sopravvivere in un mondo che poche di loro capivano, che nessuna di loro amava e che comunque non avevano scelto – un mondo che per i loro uomini era tutto.
LA PROMESSA
Dopo l’incidente nella Mille Miglia il Vecchio aveva vacillato. Lui, che in Dio aveva sempre creduto a modo suo, aveva cercato il conforto non della fede, ma di un uomo di Chiesa. Andò da Padre Berto, il frate che lo aveva sposato e che aveva sepolto il figlio, e gli disse che non se la sentiva di andare avanti. La croce si era fatta pesante e voleva lasciarla ad altri. Padre Berto gli chiese cosa sapeva fare così bene come costruire e far correre automobili da corsa e quando il Vecchio gli disse che non sapeva fare altro, Padre Berto gli disse che non aveva altra scelta se non quella di andare avanti. Ognuno ha il suo calvario, aveva detto.
IL VECCHIO
I sei uomini in tuta azzurra si alzarono senza dire una sola parola. Erano giovani e avevano i capelli lunghi e Borsari era il loro capo. Per loro Borsari era un anziano perché portava i capelli corti e i capelli erano grigi. “Dividiamoci in due squadre,” disse Borsari senza alzare la voce. Borsari non alzava mai la voce perché non era necessario. I suoi uomini gli portavano rispetto perché era stato il meccanico di Fangio quando Fangio era diventato campione del mondo con la Maserati e perché non alzava mai la voce.
TENERA E’ LA NOTTE
Non mi stancherò mai di dire che le quattordici storie di Belli e dannati non sono una rivisitazione romanzata di avvenimenti reali. Sono storie di fantasia con personaggi reali, ma che funzionerebbero perfettamente anche se i nomi dei protagonisti dovessero essere sostituiti da nomi di pura invenzione. Anzi, anche se la cosa immagino che sia nota solo al direttore editoriale di GNE, l’infaticabile e impagabile Leonardo Acerbi, esiste una versione di Belli e dannati nella quale ai nomi reali avevo sostitito nomi di fantasia. Dico solo che il cognome di Lauda era Trotta, come il protagonista austriaco del romanzo La cripta dei cappuccini di Joseph Roth. Questo perchè nei quattordici racconti di Belli e dannati importanti sono le dinamiche, i sentimenti e le reazioni dei protagonisti, non i loro nomi. Narrativa pura, appunto – non versione romanzata di fatti di corse.
La copertina di Belli e dannati riproduce la Ferrari di Jacky Ickx. Ma lo studio per la realizzazione della copertina è stato lungo e molte sono state le prove fatte. Una di queste è stata in qualche modo ripresa per il secondo volume, anche se poi il colore è cambiato: era rosso nella proposta per il primo volume, è diventato blu nella scelta definitva del secondo.
Quella che vedete qui sopra, con James Hunt e una ragazza particolarmente avvenente e il rosso sempre come colore dominante, è stata la prima copertina ‘definitiva’ di Belli e dannati. Era il giugno del 2020. Belli e dannati all’epoca era programmato che uscisse in autunno – programmazione poi cambiata per l’onda lunga del lockdown e di tutto quello che ha comportato. E quando in autunno, con la nuova uscita che si stava avvicinando, la copertina è stata ripresa in mano, a Firenze (Giunti), più che a Milano (Nada) hanno deciso di cambiare orientamento.
La copertina che invece nessuno ha mai visto è questa:
E’ stata una sorta di esperimento che abbiamo fatto a quattro mani Marco Bianchini ed io nell’autunno del 2018. A quattro mani per modo di dire, naturalmente, poichè l’artista, l’illustratore è naturalmente lui. Siamo partiti dall’illustrazione che a lungo è stata quella che avrebbe dovuto accompagnare il primo racconto, intitolato LA PROMESSA. I due personaggi nell’immagine sono naturalmente Jochen e Nina Rindt a Monza, il pomeriggio del 5 settembre 1970. A me piaceva molto. In Casa editrice invece avevano idee diverse e così questa copertina non ha mai visto la luce del sole.
Il titolo del mio primo libro di racconti è naturalmente un omaggio a F. Scott Fitzgerald. Ma non è un mistero che lo scrittore al quale mi ispiro nella mia scrittura, principalmente per la sua essenzialità, è un altro… soprattutto l’Hemingway dei racconti, la prima raccolta dei quali, In Our Time, contiene 14 racconti, che è poi la ragione per la quale il mio Belli e dannati ne ha altrettanti.
E per cercare di assomigliargli, beh, visto che con la scrittura si può arrivare solo fino a un certo punto, ogni trucco è lecito…!
No, seriamente, la barba lunga è più una conseguenza dell’isolamento che tutti abbiamo subito durante i mesi del primo lockdown, che non un tentativo di arrivare all’inarrivabile. Eppure, quando mi cimento in qualche progetto di narrativa, la barba spunta magicamente…